In memoriam | Gino Luggi

Gino Luggi | Bisenti | Italia | 1935-2015

Negli anni Cinquanta studia pittura e scultura tra Roma e Parigi e in seguito vive tra Parma, Mantova e Milano. Sin dal 1964 espone a diverse rassegne in Italia e all’estero affrancandosi da matrici surrealiste per avviare una ricerca sull’astrazione che lo condurrà a realizzare sin dalla metà degli anni Sessanta opere inoggettuali. Nel 1970 viene invitato al Salon d’Automne al Grand Palais di Parigi, dove tornerà nel 1977 e nel 2000. Negli anni Ottanta lavora sulla partitura geometrica del foglio e comincia ad operare sulla sezione aurea del quadrato, sperimentando anche supporti diversi da carta e tela in funzione della risposta alle differenti sollecitazioni di superfici rigide. La con- seguenza di tale percorso è lo sconfinamento nella tridimensionalità, l’adozione di forme poligonali, l’articolazione spaziale dell’oggetto.
Oltre alla sempre maggiore definizione del rigore mentale e attitudinale cui l’artista sottopone le sue opere, vi è anche l’indagine sulla texture e l’uso del colore; infatti l’adozione dei colori primari e complementari lascia successivamente il campo alla predilezione dei polari bianco-nero, con qualche incursione di acceso cromatismo funzionale all’esaltazione dei nodi tensiostrutturali dell’opera. L’interesse per la costruzione di rilievi mobili si manifesta nei coplanales che agiscono sull’ambiente circostante, esplicano le potenzialità delle dinamiche relazionali dei piani differen- temente tagliati, piegati, sovrapposti secondo direttrici lineari sempre variate, mai inerti. L’oggetto stesso è un sistema di relazioni che si sottrae all’universo chiuso e monodico dell’opera per coinvolgere lo spazio e il referente visivo. Il lavoro sul binario positivo-negativo delle superfici e del doppio registro cromatico assicura l’alternanza dialettica e insieme la sintesi dinamica della struttura creata. Nel 1995 aderisce al Movimento Madi Internazionale e da questa data partecipa a tutte le manifestazioni dedicate al raggruppamento artistico in Italia e all’estero.

«La mia ricerca è andata di volta in volta evolvendosi costantemente, ne sono testimoni i vari periodi trattati: dal surrealismo all’astratto geometrico, che un tempo era solamente il mezzo per custodire forme euclidee nelle quali veniva eluso qualsiasi accenno alla circolarità: triangoli e rettangoli che sembravano gravitare in campiture luminose, per arrivare ad un altro intervento rivolto esclusivamente alla forma e all’assenza cromatica. Non più il mito saturo di passato che serviva a decorare uno spazio chiuso e ben delineato, bensì un modello componibile per un’area tutta da in ventare o immaginare.
Vario l’interesse di ricerca e di forma, nonché di estetica, mi ha portato verso il mondo della grafica; ho realizzato varie edizioni, tra cui: “the golden rectangle”, omaggio a Fibonacci – 1976; “luce e forma” – 1974; “il segno”, per l’edizione Dueazeta – 1978 e altre.
La collaborazione con architetti, ha contribuito allo sviluppo di altre esperienze, progettando e realizzando “architettura d’ambiente”, mobili scultura di uso quotidiano. Nella mia ricerca di una suddivisione della superficie piana in spazi, che conservino un assoluto equilibrio anche quando subiscono l’aggiunta fon damentale emotiva del colore, mi è stata particolarmente utile la presa in considerazione del ben noto rapporto aureo o sezione aurea: il rettangolo i cui lati stanno nel rapporto 1:1,6 ca. L’opera complessiva lungo tutte le fasi consequenziali nel tempo, non può estraniarsi dall’esperienza estetica che vive come entità trascendentale della forma: nessuno stacco tra il modo, i mezzi di rappresentazione che inventano i modi di “forme pure”, l’idea che connette il tutto.
Ho portato la mia creatività verso spazi mentali che, ancora oggi, mi paiono più ampi e liberi ed emozionanti di quelli che mi può offrire il vissuto e la sua realtà. Così nascono le mie forme plastiche che si muovono a volte scisse ma, comunque, sempre sature allo stesso tempo, per costruire, su piani diversi, spazi bianchi o colorati. Si può parlare agevolmente di un materiale espressivo (il legno), e di una operatività basata sulla manipolazione che porta alla sovrapposizione e alla deformazione realizzata con un intervento manuale.»