In memoriam | Franco Giuli

Franco Giuli | Cerreto d’Esi | Italia | 1934-2018

Francesco Giuli, noto come Franco nel mondo dell’arte, nasce in un piccolo comune dell’entroterra anconetano ed inizia a esporre i suoi lavori negli anni ’50, presentando opere di matrice informale nelle gallerie della sua regione. Presto ha sviluppato uno stile peculiare incentrato sulla riflessione sulla razionalità dei segni e sui contrasti cromatici. La sua indagine originale gli ha guadagnato riconoscimenti, attirando l’attenzione di critici affermati come Giulio Carlo Argan e giovani critici militanti come Giancarlo Politi e Italo Tomassoni.
Nel 1970, ha fatto il suo debutto a Roma con una mostra personale presso lo Studio d’arte moderna SM13. Tre anni dopo, è tornato nella stessa galleria, presentato dal collega Enrico Crispolti, con il quale ha instaurato una duratura carriera e amicizia.
Negli anni ’70, le sue opere hanno iniziato a mostrare elementi distintivi che lo rendevano riconoscibile: giochi di astrazione geometrica controllata, piatta e solida, inseriti in campiture di colori netti e uniformi, capaci di moltiplicarsi in innumerevoli versioni sempre diverse e regolari. Questo periodo della sua produzione rappresenta la forza innovativa e contemporanea della sua proposta artistica. Non a caso, nel 1972, è stato invitato a partecipare alla XXXVI Biennale di Venezia, un momento cruciale nella sua carriera artistica. L’esperienza ha segnato un punto di svolta, portando a risultati di ricerca inaspettati: a metà degli anni ’70, le superfici delle sue opere hanno superato i confini del rettangolo diventando ruvide, e ha iniziato a sperimentare tecniche che utilizzavano materiali diversi, come legno, juta e soprattutto cartone, che successivamente è diventato il suo mezzo preferito. I suoi quadri hanno assunto una natura materica.
Nel 2016, al Museo Bilotti di Roma, è stata organizzata l’ultima grande retrospettiva della sua carriera ultracinquantennale, intitolata “Franco Giuli: le costruzioni pittorico-plastiche e oltre”, curata da Bruno Corà.