Curator | Francesco Tedeschi
Museo MA*GA | Gallarate | Italia
La mostra è uno di due capitoli del progetto espositivo dedicato alla sperimentazione dell’artista sardo, presentato in concomitanza presso la galleria BUILDING di Milano e il Museo MA*GA di Gallarate. Al centro di ciascuno di questi spazi vi è il principio che guida da tempo l’opera dell’artista e che si definisce con la qualificazione di “Tempo in processo”. Fin dagli anni Settanta, infatti, Campus opera sull’unitarietà di allestimenti in cui i singoli elementi si collegano fra di loro, in una continuità da intendersi in senso temporale, prima che spaziale. Il “tempo” è al centro della sua attenzione, come parte di un processo dialettico in cui le forme, le geometrie, le relazioni tra materia e colore rispondono a una logica fondata sul valore del complesso strutturale.
Dice a proposito Campus, in un intervento del 2014: “La spazialità dell’epoca moderna, nella sua evoluzione scientifico-tecnologica, ormai è un “tempo in processo”, in continuo, ineluttabile divenire.
Nella sezione allestita al MA*GA, Campus ha pensato a un unico progetto che, attraverso un dialogo che si estende dalla continuità della parete allo spazio intero, mette in gioco forme geometriche distribuite in un rapporto tra immagine e sviluppo, teso a sottolineare, anche in questo caso, la continuità di una logica creativa unitaria, che comprende lavori degli anni Ottanta e altri di più recente elaborazione. Le diverse serie, tra affermazioni, pause e riflessioni, combinano lavori grafico-pittorici con materiali plastici, dialogando con le caratteristiche dello spazio, ma imponendosi a esso con la forza dialogante delle forme. In questo intervento, che offre un taglio originale della concezione dell’opera come frutto di una rielaborazione che nasce in rapporto allo spazio e al carattere dell’ambiente in cui agisce, Campus offre al massimo grado il carattere della sua concezione di un equilibrio che scaturisce dal legame tra le forme interne ed esterne al singolo lavoro, misurandosi con la tradizione dell’arte “costruttiva” della quale è da decenni protagonista. Già nel 2002 il Museo d’Arte Moderna di Gallarate aveva ospitato una personale dell’artista, che in questo caso rinnova il suo linguaggio in uno stretto dialogo con il differente spazio del MA*GA.
Il lavoro di Campus – che si offre a letture critiche come quelle svolte nel corso del tempo da storici e critici dell’arte come Luciano Caramel, Enrico Crispolti, Alberto Veca, Salvatore Naitza, Claudio Cerritelli, Marco Meneguzzo, Carlo Pirovano – si apre a considerazioni di natura linguistico-strutturale, come quelle svolte dal matematico Bruno D’Amore, o di carattere antropologico o teoretico-filosofico, come quelle di Placido Cherchi e Silvana Borutti. Anche per queste ragioni, il progetto espositivo sarà accompagnato da un catalogo realizzato per l’occasione, in cui trova spazio, oltre a un saggio appositamente scritto da Francesco Tedeschi, una conversazione fra Giovanni Campus e Silvana Borutti, Bruno D’Amore, Francesco Tedeschi, Emma Zanella e Margherita Strada per BUILDING, e una ricca documentazione fotografica degli interventi compiuti per l’occasione, realizzata da Flavio Pescatori.
Giovanni Campus nasce a Olbia nel 1929. Lascia la Sardegna nel 1948. Studi classici a Genova, Liceo G. Leopardi (professor Dal Monte). Si volge alla pittura, da autodidatta, nei primi anni cinquanta, sperimentandone tecniche tradizionali e nuovi materiali.
Nel 1960 partecipa alla “26 Artisti contemporanei”, Galleria Incontri d’Arte, Roma, diretta da Giuseppe Appella, e alle mostre nazionali “Premio Albano Laziale” e “Premio Loffredo”, Latina. Nel 1962 partecipa alla “III Mostra Internazionale”, Palazzo Odescalchi, Roma. Nel 1966 inizia il rapporto con la Galleria Giraldi di Livorno con una mostra personale.
Nei 1966, 1972 e 1977 gli vengono attribuiti i premi nazionali di pittura “Città di Follonica”, “Città di Arcola” e “Città di Carate Brianza”, e, nel 2011, ex aequo, il “La Spezia, Settembre d’Arte”. Negli anni 1968-1974 partecipa alle rassegne d’arte d’avanguardia promosse da Numero e Technè di Firenze, Sincron di Brescia e galleria Giraldi di Livorno e agli incontri operativi e interventi sull’ambiente ad Anfo e Novara, 1968, Pejo e Mentana, 1969, Galerija Doma Uluha, Zagabria, e Galerie’t Venster, Rotterdam, 1970, Novi Sad e Belgrado, 1973.
Frequentazioni con i critici Giuseppe Appella, Giulio Carlo Argan, Umbro Apollonio, Germano Beringheli, Luciano Inga Pin, Lara Vinca Masini, Aldo Passoni, Toni Toniato.
Nel 1968 lascia il lavoro per dedicarsi interamente alla pittura e si trasferisce dapprima nel quartiere degli artisti a Sesto San Giovanni e in seguito nello studio di via Solferino a Brera, Milano.
Pratica, riflessioni ed esperienze specifiche del periodo e del luogo conducono il linguaggio figurale a una sintesi formale, aniconica, sequenziale, seriale. Uso del metacrilato, dell’acrilico, del metallo. La tecnica serigrafica, praticata direttamente dall’artista, diviene il principale mezzo espressivo.
Soggiorni di lavoro ed esposizioni negli anni fine sessanta-ottanta a Parigi, “Salon Grands et jeunes d’aujourd’hui”, 1972 e 1974, “Réalités Nouvelles” 1973 e 1974, “Comparaison”, 1974; Galerie de l’Université, 1978, e Galerie Grare, 1986.
Negli anni ottanta-novanta a New York: College Scuola d’Italia, 1988, Scuola di New York, 1993, Hands Gallery, 1996 e 1998.
Tra gli inviti per la presentazione del proprio lavoro si ricorda il Reading Group Seminar Form and Matter in the Written and Visual Text della Academy at Columbia University di New York nel 1994, con Lavinia Lorch e, quali respondents, Luciano Caramel, Salvatore Naitza, Charles Mercier e lngrid Rossellini.
Percorsi, interventi, installazioni, urbani e naturali, condotti in solitaria o partecipati, vanno intesi come la messa in opera, in ambito di verifica, delle “idee” che muovono il lavoro nello studio. Un lavoro epistemologico nell’estetico. Un luogo di verifica fenomenica spaziale temporale sulle ragioni della forma. Operazione diretta a sondare rapporti, relazionalità e connessioni tra le misure progettuali della visione, le naturali del luogo e le risultanti dall’intervento. Nel 1977 nella Piazzetta di Palazzo Reale a Milano, con la collaborazione di Arte Struktura, nonché degli artisti e studenti della Accademia di Brera, realizza una “installazione continua” a dimensione ambientale: una serie di percorsi di tratti di molle metalliche, sospese in tensione, coinvolgenti la spazialità urbana. Seguono, con la collaborazione per la parte tecnica dell’architetto Achille Castiglioni, gli “ambienti segnici interrelazionali”, sonori e luminosi a cadenza temporale (al chiuso) alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, 1978, e al Museo Civico In Progress, Livorno, 1979.
Consequenziali le determinazioni sulle coste della Gallura nel 1983. “Percorsi-interventi” ottenuti con estensioni notevoli di tratti di corda, sospesi in proiezione lineare sull’area naturale prescelta o delimitanti rocce e porzioni di roccia.
Nel 2004, sui monti Catena Limbara Sud, con gli studenti del liceo Orsoline e nel quartiere Garibaldi a Milano, realizza, a seguito di specifiche “conversazioni”, una serie di interventi-ricognizione su “misure a confronto” (naturali e urbane). Da questa processualità condotta in parallelo tra proiezione rappresentativa ed espressività strutturale, cioè tra idea e cosa, sono scaturite quelle serie di opere e gruppi di opere, di pittura e materiali diversi, in pieni-vuoti articolati. Dapprima, in mostre personali, superfici irregolari in cemento (Palazzo dei Diamanti, Ferrara, 1987-1988), a seguire opere con acrilico su tela e legno sagomato ed estensioni in ferro e nel recente con assi in ferro direzionali, tangenti e attraversanti opere e spazi fisici: CAMeC, La Spezia, 2012; Museo Civico Granai Villa Mimbelli, Livorno, 2015; Museo della Permanente, Milano, 2015; MAC, Museo Arte Contemporanea, Lissone 2017.